Una proposta per Multedo
Nel recente incontro dei Comitati e delle Associazioni di Pegli con il Sindaco
e con il Presidente dell'Autorità portuale sul tema Multedo - porto petroli e polo
petrolchimico, sono emersi elementi di novità che, pur senza prefigurare una
soluzione, consentono tuttavia di ipotizzare un percorso - tutto da fare ma che si
delinea con sufficiente chiarezza.
Il Sindaco, accantonando definitivamente l'ipotesi del distripark alimentare
nelle aree delle ex Fonderie, ha inevitabilmente messo in discussione la scelta in tal
senso operata dall'Autorità portuale nella recente variante al P.R.P. e, con essa, la
strategia di fondo sulla riconversione (parziale, per ora) dello scalo petrolifero.
In questo modo il ridimensionamento del porto petroli (a niente altro dovuto
se non ad una contrazione "fisiologica" dei traffici) offre lo spunto per una graduale,
progressiva "riconquista" di questo fronte d'acqua alla città - come da tempo i
Comitati e le Associazioni sostengono - con l'introduzione di funzioni urbane che
potranno indurre positive ricadute non solo su Multedo ma su Pegli e parte di Sestri.
Secondo quanto da noi proposto, un primo passo in questa direzione è la
realizzazione, in luogo delle rinfuse alimentari, nei due pontili "alfa" e "beta"
dismessi a ponente, di uno scalo peschereccio con annesso mercato del pesce. L'idea,
non nuova e forse neppure originale, è però dotata di una ragionevole concretezza:
essa riposa sulla prospettiva di rilancio di un settore, quello della pesca (commercio e
produzione) che tradizionalmente ha subìto, a Genova, una sistematica
mortificazione nelle sue, pur cospicue, potenzialità. A tutti è nota l'urgenza di dare
una soluzione al problema del mercato. Negli ultimi anni diverse ipotesi si sono
avanzate. Si è parlato - a proposito e a sproposito - di Bolzaneto e di altre
localizzazioni - tutte sistematicamente lontane dal mare. Anche l'ipotesi più recente
del ponte elicoidale (San Benigno), che fino a ieri sembrava cosa fatta, si uniformava
a questo indirizzo. Ma anche tralasciando l'evidente inopportunità di una tale
soluzione, di cui è per lo meno dubbia la coerenza con il ruolo che il piano assegna al
nodo di San Benigno dal punto di vista infrastrutturale viario, occorre però
richiamare un aspetto che passa inosservato: se è vero che oggi gran parte del pescato
arriva per via aerea o su gomma, e solo una parte modesta è di provenienza locale (e
questa per l'appunto è la condizione che i più, scambiando la causa per l'effetto,
invocano a sostegno della localizzazione extra-portuale del mercato), per altri versi è
innegabile - e lo confermano senza esitazione gli operatori - che la collocazione in
banchina, in collegamento con uno scalo adeguatamente attrezzato, costituirebbe un
importante fattore di incentivazione del settore o meglio, della componente
produttiva di un settore che non vive di solo commercio. Un mercato in banchina,
adiacente al porto peschereccio, potrebbe concentrare a Genova la flotta attualmente
dispersa e precariamente servita da scali non attrezzati lungo l'arco delle Riviere,
incentivando ed esaltando un potenziale produttivo oggi gravemente penalizzato da
gravi carenze strutturali e logistiche. Naturalmente da una tale sinergia trarrebbe a
sua volta vantaggio la componente commerciale, che potrebbe finalmente avvalersi
di una grande ed efficiente struttura in grado di realizzare le necessarie economie di
scala e di indurre significativi benefici sull'economia complessiva della città e della
regione.
Questo punto merita qualche ulteriore riflessione. L'introduzione di strutture
come lo scalo peschereccio e il mercato del pesce, per loro natura compatibili sia con
il porto sia con la città, va nella direzione che dobbiamo tenacemente perseguire (e
non solo nel caso di Multedo) di sviluppare una portualità "urbana", capace cioè di
produrre ricadute positive sul tessuto urbano, alla stregua, per ricorrere ad un altro
caso, del sistema crocieristico. E questo con vantaggi da non sottovalutare, anche in
una logica strettamente portuale: nel caso di Multedo, il porto non rinuncerebbe del
tutto ad un fronte, per altro, ormai obiettivamente marginale rispetto al sistema della
portualità commerciale, per l'evidente condizione di separatezza rispetto al bacino di
Sampierdarena, come da Prà-Voltri, tanto più considerata la contiguità con Pegli ed il
relativo affaccio al mare.
Nella prospettiva di una sia pur graduale de-localizzazione del terminal
petrolifero, si potrà estendere questo tipo di portualità "urbana" dai pontili di ponente
"alfa" e "beta" a quelli di levante "delta" e "gamma", destinando il relativo specchio
acqua e la banchina a terra ad un approdo da diporto con annessi servizi (cantieristica
minore ecc.). In coerenza con questo disegno andranno fin d'ora stabiliti, ad opera
dal Comune, nell'ambito della revisione generale dello strumento urbanistico, i
corretti indirizzi di piano circa le aree a terra (ex Fonderie), che non si vorrebbero
indiscriminatamente votate ad attività artigianali, comunque siano: l'esperienza ha
infatti dimostrato che questi insediamenti - quando lasciati all'arbitrio del mercato -
non sono in grado di generare un accettabile grado di qualità urbana ed anzi, spesso
inducono disordine e degrado. Meglio allora un equilibrato mix di funzioni,
privilegiando, per il produttivo, le attività ad alto tasso occupazionale e ad elevato
contenuto tecnologico, e badando a stabilire, dal punto di vista infrastrutturale, le
condizioni per gli opportuni collegamenti con gli spazi a mare.
Resta il problema del polo petrolchimico e del relativo scalo, oggi collocato a
ridosso del molo di sottoflutto. E' questo forse il più grave e urgente dei problemi sul
tappeto, che richiede una salda intesa tra le istituzioni. Due le opzioni da esplorare:
da un lato la chiusura definitiva, dall'altro la de-localizzazione.
La prima opzione va verificata attraverso un'approfondita istruttoria condotta
dal Comune in accordo con l'Autorità portuale circa il valore e il peso delle attività
di Carmagnani e Superba rispetto al mercato nazionale ed al settore nel suo insieme,
avuto conto alla logistica dei trasporti, all'aggiornamento tecnologico e
infrastrutturale, al grado di efficienza ed alla vetustà degli impianti: quando si
rilevasse una situazione di scarso o dubbio valore "strategico", non resterebbe che
premere sul Ministero dell'Industria perché non dia ulteriore corso alle concessioni
d'esercizio. Di fronte ad una posizione concertata degli enti e delle istituzioni locali -
Comune, Autorità portuale, Regione - per di più sorretta da solidi argomenti, il
Governo non potrà che trarre le conclusioni. Naturalmente occorrerà favorire ed
incentivare una riconversione del capitale di uomini e d'impresa investito nelle
attività, non ultimo per il tramite di una valorizzazione dei beni fondiari connessi.
In caso diverso, quando invece si confermasse un valore "strategico",
pervenendo alla documentata conclusione della natura irrinunciabile di queste
attività, si dovrebbe optare per la de-localizzazione. A quel punto Comune a Autorità
portuale dovranno individuare una sede idonea, che non potrà - come già anticipato
dal Sindaco - che ritagliarsi in ambito portuale, comunque ad una distanza
dall'abitato (nonché dallo scalo petrolifero) che faccia salvi i limiti di legge in
materia di sicurezza.
Il Presidente del Comitato Difesa di Pegli
(Paolo Cevini)
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