Incendio del 15/16 febbraio
Nella notte tra martedì 15 e mercoledì 16 febbraio 2005 l'incendio, partito
dalle pendici del monte Penello, è ormai a ridosso dell'abitato di Pegli e
le fiamme stanno divorando la sommità delle ville Doria e Pallavicini.
Durante l'intera giornata di martedì ha potuto percorrere le dorsali di
Varenna e Cantalupo e, su Prà, di Fagaggia, spingendosi poi in Branega fino
ad Acquasanta, sul versante sud-ovest di punta Martin: migliaia e migliaia
di ettari di boschi inceneriti, case rurali danneggiate, aziende agricole
distrutte, un'economia - fievole se vogliamo, in un'ottica di mercato ma pur
sempre essenziale per la sopravvivenza di un entroterra troppo a lungo
dimenticato - in ginocchio e forse irrimediabilmente compromessa. Tutto
questo, si dice, per colpa di piromani. A riguardo non ci convincono le
accuse mosse contro non meglio identificati "speculatori edilizi" o contro
categorie come i cacciatori: basta vedere dove è partito il fuoco e,
ricordando l'inveterato costume di appiccare il fuoco per rinnovare il
pascolo, proprio dei pastori, non si andrà lontano dal vero nell'ipotizzare
(altro naturalmente è provare) eventuali responsabilità. Ma la caccia al
"piromane" in cui oggi tutti si esercitano (salvo poi in breve
dimenticarsene) è nient'altro che un diversivo rispetto all'accertamento
serio e rigoroso, che dovrebbe essere fatto, delle responsabilità di quanto
accaduto dopo che il fuoco è stato appiccato - da chi non importa. Il
sindaco Pericu ha detto in un'intervista alla tv di essere "orgoglioso" di
come è stata gestita la vicenda. L'espressione, che suona paradossale agli
orecchi di chi ha personalmente vissuto la cosa, è ovviamente di circostanza
e malcela la cattiva coscienza di chi, al contrario, sa benissimo che il
disastro si sarebbe potuto evitare - o comunque largamente circoscrivere -
solo se il sistema di prevenzione e soccorso avesse funzionato a dovere.
Invece non ha funzionato: a partire dalla clamorosa sottovalutazione del
rischio, dato il forte vento di nord, che avrebbe - come di fatto ha -
portato l'incendio a propagarsi velocemente coprendo nell'arco della
giornata di martedì la distanza di cinque-sei kilometri dai luoghi d'origine
alla costa. Per finire al mancato coordinamento delle forze in campo -
Forestale, Vigili del Fuoco, Aster, Vigili urbani, Carabinieri, squadre
volontarie e quanti altri presenti sui luoghi con tanta buona volontà ma
spesso, troppo spesso senza precise e tempestive disposizioni, senza la più
elementare conoscenza dei luoghi e delle vie di accesso e senza i mezzi
adatti a contrastare efficacemente i numerosi fronti delle fiamme. Di tutto
questo noi non siamo ovviamente "orgogliosi", né siamo d'altra parte
orgogliosi di un Sindaco che si è speso tutto (ed anche di più) per il
Centro, pervicacemente ignorando il problema (ormai drammatico: l'incendio
ne dà conferma) della cura e manutenzione del verde. I danni dell'incendio a
Villa Pallavicini e a Villa Doria suonano come una beffa dopo le ripetute
denunce da noi sollevate, anche in pubbliche assemblee, presenti il Sindaco
ed i suoi Assessori, circa il degrado da incuria ed abbandono, come ora si
vede, tra le cause principali della recente sciagura. Così come abbiamo
denunciato - in merito alla val Varenna, anche qui in pubblica assemblea ed
alla presenza del Sindaco e del Corpo Forestale - il degrado indotto
dall'abbandono dei boschi (anche di quelli di stretta spettanza comunale),
dall'esercizio incontrollato dell'allevamento brado, dalle discariche
abusive e dai molti abusi ambientali, sollecitando un'azione diretta alla
salvaguardia e alla valorizzazione di una risorsa - quella del verde rurale
e boschivo del nostro entroterra - che vediamo oggi, invece, drammaticamente
compromessa. Non ci interessa dire "l'avevamo detto" ma ancora una volta,
piuttosto, richiamare chi di dovere, e cioé Regione, Provincia, Comunità
Montana, Corpo Forestale dello Stato e quant'altri competenti, ma
soprattutto il Comune (che per statuto dovrebbe essere, tra le istituzioni
civili, la più vicina ai bisogni dei cittadini) alla necessità urgente di
individuare gli errori e le mancanze di una politica del territorio che oggi
più che mai, e drammaticamente, ha mostrato i suoi limiti.
|